“Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione”, recita l’articolo 115 della Carta Costituzionale italiana. A cosa servono però le Regioni?

Già nella seconda metà dell’Ottocento furono raggruppate a fini statistici delle “circoscrizioni territoriali”, antenate delle odierne regioni italiane. Queste non erano, però, altro se non suddivisioni geografiche, prive di amministrazione. Le Regioni così come le conosciamo oggi vennero introdotte nell’ordinamento giuridico italiano con la Costituzione della Repubblica Italiana, il 1º gennaio 1948. Il maggiore ente pubblico territoriale italiano fa da ponte avvicinando i cittadini allo Stato e possiede potere legislativo e regolamentare. Proprio il potere e l’autonomia sempre maggiori di cui godono le regioni recentemente hanno generato diverse critiche.

Da una parte, aumentare l’autonomia delle Regioni fa sì che queste abbiano più soldi da investire e permette di prestare maggiore attenzione ai bisogni specifici dei singoli territori; d’altronde riuscirebbe difficile pensare che aree tanto diverse, come ad esempio Calabria e Valle d’Aosta, debbano attuare gli stessi provvedimenti, dal momento che ogni Regione è unica, geograficamente e culturalmente, e di conseguenza ha le proprie necessità.

D’altro canto però, un’eccessiva indipendenza delle Regioni potrebbe nuocere all’unità del nostro “stivale” e le aree meno sviluppate verrebbero lasciate indietro. Inoltre va notato che, tra presidenti, assessori e consiglieri, l’apparato burocratico aggiuntivo costituito dalle Regioni provoca un aumento delle tasse dei cittadini.

Una possibile soluzione al dibattito è stata trovata dal Partito Democratico lo scorso 13 Ottobre, con la proposta di una legge mirata alla diminuzione delle Regioni a statuto speciale alle sole isole e di quelle a statuto ordinario da 20 a 12, così da ridurre la spesa pubblica.

Non è facile decidere se schierarsi a favore o contro una maggiore autonomia regionale, ma anziché porsi questo interrogativo, forse prima bisognerebbe pensare a quali misure si potrebbero attuare già a livello statale per migliorare l’Italia, e magari controbilanciare la tendenza “indipendentista” delle Regioni con la costruzione di infrastrutture che rendano più unito il paese.

“Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione”, recita l’articolo 115 della Carta Costituzionale italiana. A cosa servono però le regioni?

Già nella seconda metà dell’Ottocento furono raggruppate a fini statistici delle “circoscrizioni territoriali”, antenate delle odierne regioni italiane. Queste non erano, però, altro se non suddivisioni geografiche, prive di amministrazione. Le Regioni così come le conosciamo oggi vennero introdotte nell’ordinamento giuridico italiano con la Costituzione della Repubblica Italiana, il 1º gennaio 1948. Il maggiore ente pubblico territoriale italiano fa da ponte avvicinando i cittadini allo Stato e possiede potere legislativo e regolamentare. Proprio il potere e l’autonomia sempre maggiori di cui godono le regioni recentemente hanno generato diverse critiche.

Da una parte, aumentare l’autonomia delle Regioni fa sì che queste abbiano più soldi da investire e permette di prestare maggiore attenzione ai bisogni specifici dei singoli territori; d’altronde riuscirebbe difficile pensare che aree tanto diverse, come ad esempio Calabria e Valle d’Aosta, debbano attuare gli stessi provvedimenti, dal momento che ogni Regione è unica, geograficamente e culturalmente, e di conseguenza ha le proprie necessità.

D’altro canto però, un’eccessiva indipendenza delle Regioni potrebbe nuocere all’unità del nostro “stivale” e le aree meno sviluppate verrebbero lasciate indietro. Inoltre va notato che, tra presidenti, assessori e consiglieri, l’apparato burocratico aggiuntivo costituito dalle Regioni provoca un aumento delle tasse dei cittadini.

Una possibile soluzione al dibattito è stata trovata dal Partito Democratico lo scorso 13 Ottobre, con la proposta di una legge mirata alla diminuzione delle Regioni a statuto speciale alle sole isole e di quelle a statuto ordinario da 20 a 12, così da ridurre la spesa pubblica.

Non è facile decidere se schierarsi a favore o contro una maggiore autonomia regionale, ma anziché porsi questo interrogativo, forse prima bisognerebbe pensare a quali misure si potrebbero attuare già a livello statale per migliorare l’Italia, e magari controbilanciare la tendenza “indipendentista” delle Regioni con la costruzione di infrastrutture che rendano più unito il paese.

Scritto da Vanessa Barbini e Alice Canato.

Istituto superiore F. Albert.

Commenti
  1. Gianmarco Mannarino 4 giorni ago

    Articolo molto interessante e completo.

  2. Marco Bava 3 settimane ago

    Articolo molto originale

  3. longomartinaa_ 3 settimane ago

    Bell’articolo e soprattutto interessante

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