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In un mondo in cui l’universo dei supereroi e la fede religiosa stanno gradualmente perdendo la loro importanza, ecco che l’Italia si risveglia con un nuovo idolo, venerato da moltissimi autisti: si tratta di Fleximan, il paladino delle autostrade e dei guidatori.

Il suo nome deriva dalla smerigliatrice angolare usata per tagliare i pali di metallo su cui vengono montati gli autovelox, soprannominata anche “flessibile” o “flex”, da una delle aziende che la inventò; l’autovelox viene invece chiamato tale in quanto marchio commerciale registrato dalla Sodi Scientifica, azienda che brevettò il dispositivo nel 1964: al di fuori dell’Italia lo si indica semplicemente col termine “radar”.

 

Ancora oggi, a poco meno di un anno dal suo debutto ufficiale (i primi atti risalgono infatti a maggio 2023), non conosciamo la vera identità dell’eroe: potrebbe essere un individuo, così come nessuno o centomila. Le prime denunce ufficiali risalgono a malapena al 26 gennaio di quest’anno, mentre quattro giorni dopo, “Le Iene” di Italia 1 hanno pubblicato un inedito servizio in cui avrebbero rintracciato e parlato con uno dei presunti partecipanti del probabile gruppo. 

 

Ma possiamo veramente considerare queste azioni come “eroiche”, compiute in nome del bene degli automobilisti e dei cittadini? 

Da una breve e superficiale riflessione, la risposta che potremmo dare è affermativa: da questi atti conseguirebbero la possibilità di risparmiare molto tempo per arrivare a destinazione e l’impedimento della strumentalizzazione delle multe da parte dei comuni, i quali starebbero usando gli introiti soltanto per “fare cassa” (ben 547 milioni di euro solo nel 2022!). 

La situazione, in realtà, è molto più complessa: bisogna considerare che per ogni dispositivo distrutto la sua sostituzione viene a costare al comune almeno qualche migliaio di euro. Da dove vengono questi soldi? Principalmente dalle tasse pagate dagli italiani. Inoltre, la loro rimozione comporta un inevitabile aumento della velocità media in quel tratto, che determina un aumento esponenziale del rischio di incidenti, nei quali potrebbero venire coinvolti anche i pedoni (secondo una stima dell’ACI, “Automobile Club Italia”, l’eccesso di velocità è la causa del 9,3% degli incidenti in Italia): sono spesso gli stessi cittadini a richiedere l’installazione degli autovelox proprio al fine di sentirsi più sicuri quando si trovano nei pressi di una strada. E infine, secondo l’articolo 208 del Codice della Strada, i proventi di queste sanzioni amministrative sono destinati interamente alla manutenzione e al miglioramento della rete stradale: i comuni sono ben lungi dal guadagnarci. 

 

Dall’analisi della situazione italiana rispetto a quella europea, questo problema potrebbe essere facilmente risolto seguendo l’esempio degli altri paesi: basterebbe infatti installare molti meno radar in punti più tattici, educare e sensibilizzare meglio gli autisti sul tema della sicurezza stradale, e inasprire le pene attraverso delle multe più salate, la perdita di punti della patente o addirittura la denuncia e la revoca temporanea della licenza secondo il modello svizzero. Ciò comporterebbe minori spese per lo Stato e una diminuzione, anche se forse poco percettibile ma comunque significativa, degli incidenti causati dalla velocità.

 

La situazione autovelox in Italia è dunque ben più complessa di quella descritta dai quotidiani e dai telegiornali, e una riforma in tale campo sarebbe ottimale per il celebre bene degli italiani: se da un lato della medaglia data a Fleximan c’è la gioia dei conducenti, finalmente liberati da un peso apparentemente così insopportabile, dall’altro c’è la perdita di molte più vite umane. 

       David-Leonardo, L’Angolo del Caffè

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