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Buongiorno ragazzi,

I temi che vi presentiamo questo lunedì riguardano la post-verità, l’importanza della trasparenza sul web, e la generazione dei cosiddetti “Eet”.

 

Orsola Riva, per Corriere della Sera, vi parla della vittoria a sorpresa di Trump alle elezioni americane, partendo da una parola che l’Oxford Dictionary ha recentemente identificato come parola dell’anno: “post-truth”, ovvero “post verità”.

 

Con questo termine, si indica un contesto politico in cui ai cittadini non interessa più la verità, i fatti, poiché si fanno influenzare nelle loro opinioni in parte dai social e in parte da chi “la spara più grossa”. Ecco allora che un personaggio come Donald Trump, che si è disegnato addosso il personaggio del “bullshitter” ovvero, per l’appunto, quello che la spara grossa, è in grado di emergere.

 

Probabilmente proprio qui risiedono le motivazioni della sua vittoria: ai cittadini americani non interessa la verità, anzi diffidano della verità ufficiale, pensando che in realtà dietro ci sia un complotto. Proprio come nel caso delle cosiddette “Conspiracy Theory” secondo le quali l’uomo non sarebbe mai sbarcato sulla luna, o le leggende metropolitane, come quella sui coccodrilli nella metropolitana di New York.

 

Questa post-verità interessa molto anche noi europei. Ecco perché Orsola Riva vi chiede: pensate che la verità abbia ancora un peso in politica o anche noi siamo pienamente dentro a quest’epoca in cui politica e post-verità, cioè menzogna, vanno a braccetto?

 

 

 

Luca Tremolada per Il Sole 24 Ore parte sempre dall’elezione di Trump per andare a indagare un’altra sfaccettatura di questa vittoria così imprevista, ovvero la trasparenza sul web.

 

Alcuni osservatori hanno puntato il dito contro Facebook, perché una grande parte della campagna mediatica di Donald Trump è stata veicolata sui social, attraverso notizie false contro la rivale Hillary Clinton. L’accusa rivolta al più famoso tra i Social Network è quella di aver lasciato che circolassero liberamente notizie non vere. Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, si è difeso dicendo che ha trovato bizzarra l’idea che un Social Network potesse cambiare, indirizzare, influenzare il destino di una campagna elettorale. Tuttavia il problema resta: chi decide la gerarchia delle notizie all’interno di Facebook, di YouTube e di tutti i grandi social network che esistono?

 

La grande domanda è questa: Facebook è contenuto o contenitore? È editore o semplice piattaforma tecnologica? Chi definisce quali sono i contenuti permessi e quali no? Chi può sapere se una notizia è vera o una bufala?

 

 

 

Gianluigi Schiavon, per Quotidiano Nazionale, vi parla di lavoro e giovani.

 

In Italia sono circa 175.000 i ragazzi e le ragazze tra i 15 e i 29 anni considerati “Eet”, acronimo che sta per “Employed-Educated and Trained”, definizione che indica i ragazzi che, finita la formazione scolastica, si dedicano alla costruzione di un lavoro in proprio. Il contrario degli Eet sono i “Neet”, ovvero “Not engaged in Education, Employment or Training”, una categoria di cui si parla spesso, ovvero coloro che hanno gettato la spugna e non cercano più di costruirsi un futuro.

 

A proposito degli Eet, proprio QN ha pubblicato una ricerca dal titolo “Nuovi occupati e meno inattivi, i giovani puntano sul lavoro fai da te”, con dati positivi che accendono la speranza in questi tempi di crisi. Ma di che tipo sono le attività intraprese da questi giovani? I settori variano, dal turismo, alla ristorazione, all’ambiente, a molto altro ancora.

 

Schiavon vi chiede quindi: una volta finita la scuola, vi sentirete più Eet oppure più Neet?

 

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