Buongiorno ragazzi,
ecco i temi che i tre giornalisti hanno pensato per voi questa settimana.
Orsola Riva, per il Corriere della Sera, vi parla di Malala e delle altre ragazze che lottano per il diritto all’istruzione.
Nel suo nuovo libro Malala parla delle ragazze coraggiose che ha incontrato in questi anni di attivismo. Ma chi è Malala?
Una giovane donna Pakistana che da adolescente fu vittima di un attentato dei talebani in Pakistan perché rivendicava il diritto delle ragazze ad andare a scuola. Una volta risanata nelle ferite del corpo e dell’anima, Malala ha deciso di spendere la sua vita per combattere a favore dei milioni di giovani donne a cui è vietata l’istruzione, cosa che spesso le condanna a matrimoni precoci, alla contrazione di malattie terribili o addirittura alla morte durante il parto.
Nel suo nuovo libro ha deciso di dare voce ad altre donne che come lei si trovano in campi profughi e che hanno reagito positivamente alla sfortuna di questi loro destini. Una piccola parentesi che la giornalista ci tiene a fare è quella sui profughi. Il 90% dei profughi nel mondo è ospitato in campi nei paesi sviluppati, questo vuol dire che non arrivano da noi.
Tutte le ragazze che Malala ha incontrato hanno un sogno: studiare. Vedono nello studio la vera arma di riscatto e per noi che viviamo nel primo mondo questo non sempre è chiaro.
La domanda che la giornalista vi pone è la seguente: quanto è importante e che peso date nella vostra vita, nel vostro destino, alla scuola e all’istruzione?
Luca Tremolada, per il Sole 24 Ore, vi parla di giovani e di analfabetismo digitale.
Noi italiani siamo quartultimi in Europa per accesso a internet. Il giornalista vi parla di agenda digitale e delle classifiche che misurano la nostra predisposizione nei confronti delle tecnologie. Da sempre, negli ultimi anni, usiamo male internet, usiamo male gli smartphone, usiamo male tutti gli aspetti legati alla digitalizzazione. Guardando un po’ dentro a questi numeri ci accorgiamo che per le nuove generazioni non è così. Il problema ce l’ha la popolazione italiana più attempata, chi è in là con gli anni e chi fa fatica ad alfabetizzarsi da un punto di vista digitale. Questo è un tratto distintivo della nostra società: non siamo riusciti a portare un pezzo della popolazione a comprendere le potenzialità della rete. Sarà una bella sfida per il nostro paese e sarà una bella sfida che la vostra generazione dovrà raccogliere.
Dunque il consiglio del giornalista è quello di aiutare i vostri genitori a capire la rete e le sue difficoltà.
Marcella Cocchi, per il Quotidiano Nazionale, vi parla della critica.
È sempre molto rischioso cercare di definire un mondo che, per definizione, è vietato agli adulti. Di cosa parla la giornalista? Di voi, i ragazzi tra i 15 e i 18 anni ancora non compiuti, che siete oggetto di un sondaggio commissionato dal suo giornale. Con le domande poste ai giovani si tenta di individuare quello che sta cambiando in un mondo che riguarda i giovani da vicino. Si ci è interrogati su temi come il tempo libero, i genitori, la politica.
La giornalista si dice colpita dai risultati emersi dalle domande sulla scuola: il giudizio sui professori è complessivamente positivo perché il 74% dei ragazzi interessati dice di essere soddisfatto dei professori, sette ragazzi su dieci affermano che la scuola influisca sulla loro vita e il 67% ha risposto di saperla accettare così come è. Antonio Noto, Direttore dell’Istituto demoscopico dice che la mancanza di critica nei giovani di oggi è certamente uno degli elementi di maggiore divisione rispetto alle generazioni precedenti, anche a quelle più contigue anagraficamente. Rispetto agli anni della contestazione studentesca in cui l’autorità e la gerarchia della scuola come istituzione era continuamente messa in discussione per cambiare i modelli sussistenti, le cose sono decisamente cambiate.
I ragazzi di oggi chiedono cambiamenti non per la scuola in generale, ma per le materie: chiedono che gli siano insegnate più lingue straniere e l’economia. Per riassumere si potrebbe dire che i giovani cercano un modello di scuola basato più sull’economia che sulla politica, più sul mondo del lavoro che sull’ideologia.
A questo punto la giornalista vi chiede: concepite la critica come un qualcosa di positivo o di negativo?